La sindrome dello Stretto Toracico Superiore
La manifestazione più comune di questa sindrome è rappresentata da una sensazione di intorpidimento e di formicolio all’arto superiore ( dal braccio sino alla mano ed alle dita), da una riduzione della forza e della resistenza delle dita nella funzione prensile, da dolore al braccio ed alla mano definito angustiante e profondo, non topograficamente ben delimitato dal paziente, che non riesce a localizzare un territorio preciso nella distribuzione del dolore e gestualmente indicandolo passando con la mano su tutto il braccio. Questi sintomi compaiono solitamente nelle prime ore del mattino, oppure dopo una prolungata permanenza in posizione seduta, come per esempio nelle donne dedite a lavori di cucito o di maglia. In genere l’obiettività è scarsa o nulla: non si riscontrano ipotrofie muscolari, né diminuzione o scomparsa di riflessi. In pratica il quadro è tutto soggettivo e l’esame clinico si impernia principalmente su tentativi di riprodurre la sintomatologia attraverso particolari movimenti o posizioni. Unico test ortopedico a disposizione per una diagnostica differenziata è il test di Adson ( o test dello scaleno antico), che consiste nel verificare se il polso dell’arteria radiale scompare e se contemporaneamente compare la sintomatologia, facendo effettuare al paziente la seguente successione di movimenti: rotazione del capo dal lato colpito, estensione del collo, abduzione del braccio ed inspirazione profonda.
I responsabili di questa situazione sono certamente i muscoli scaleni, in particolare quello anteriore e quello medio. I muscoli scaleni rappresentano la continuazione della muscolatura intercostale in direzione craniale; sono i muscoli più importanti per la respirazione tranquilla, perché sollevano il 1° ed il 2° paio di coste e quindi la parte superiore del torace. Il loro effetto può essere incrementato dall’estensione del rachide cervicale. Se azionati unilateralmente possono coadiuvare la flessione laterale della colonna vertebrale cervicale.
Il muscolo scaleno anteriore prende origine dai tubercoli anteriori dei processi trasversi della 4^, 5^, 6^ vertebra cervicale e si inserisce sul tubercolo del m.lo scaleno anteriore della prima costa. Il muscolo scaleno medio prende origine dai tubercoli posteriori dei processi trasversi della 5^, 6^ e 7^ vertebra cervicale e si inserisce sulla 2^ e 3^ costa. Tra il muscolo scaleno anteriore ed il muscolo scaleno medio, in prossimità dell’inserzione distale si forma il triangolo degli scaleni. Attraverso questo angusto spazio trovano passaggio l’arteria succlavia ed il plesso brachiale. Una retrazione, una contrattura di questi muscoli, sollevando la prima costa, riduce l’angolo costo-scalenico , e quindi il pertugio per il passaggio dell’arteria succlavia e del plesso brachiale. La comparsa dei sintomi sovradescritti sarebbe imputata proprio a questa riduzione.
Dato per certo che la causa della sintomatologia è questa, è invece apertissima la discussione sulla causa dello spasmo o della retrazione del muscolo scaleno. Alcuni autori sostengono che la causa principale di questo spasmo sia l’irritazione di un nervo cervicale nel canale di coniugazione, che provocherebbe un fenomeno riflesso di contrattura; anche attività fisiche stressanti, sforzi inconsueti, colpi di frusta, situazioni occupazionali sfavorevoli possono essere facilmente la causa scatenante di questa sindrome.
Il primo passo del trattamento osteopatico sarà , attraverso tecniche di energia muscolare, l’allungamento del muscolo scaleno anteriore. Le tecniche ad energia muscolare consentono , sfruttando il periodo di latenza neuromuscolare dopo una contrazione, di effettuare manualmente uno stiramento muscolare, senza evocare lo stimolo contrattile fisiologico; l’osteopata fa effettuare per alcuni secondi una contrazione attiva dello scaleno anteriore , e dopo una pausa di pari durata della contrazione, allunga manualmente lo scaleno anteriore fino al limite tensionale successivo; da questa posizione si ripete la tecnica, aumentando ulteriormente, dopo ogni pausa l’allungamento muscolare. Spesso già questo è sufficiente per determinare nel paziente una riduzione della sintomatologia accusata. Un test articolare della colonna cervicale potrà evidenziare riduzioni di mobilità delle vertebre (soprattutto C4, C5, C6, sottoposte a trazione dalle inserzioni prossimali dello scaleno anteriore e di conseguenza si eseguiranno manovre articolatorie e/o manipolazione. Di seguito si andrà a trattare con manovre articolatorie e nel caso necessiti con manipolazione articolare anche la prima costa che in genere, per effetto della trazione esercitata dallo scaleno anteriore contratto si trova in superiorità rispetto alla sua posizione fisiologica; si tratterà la clavicola nei suoi rapporti articolari con lo sterno e con l’acromion, e la scapola con manovre di scollamento e di rilassamento per i muscoli (in particolare romboidi e il muscolo elevatore della scapola). Si verificheranno i rapporti costo-trasversari delle altre coste e la mobilità generale della colonna dorsale. Un’altra fase importante del trattamento è rappresentata dalla normalizzazione delle eventuali tensioni accumulatesi sul diaframma , attraverso tecniche sui tessuti molli, tecniche fasciali per il tendine centrale del corpo e per il rilassamento del diaframma toracico superiore. Dal punto di vista viscerale si centrerà l’attenzione sulla normalizzazione tensionale della pleura polmonare omolaterale. Infine si cercherà la normalizzazione dei rapporti cranio sacrali attraverso la diagnostica osteopatica cranio-sacrale e le opportune tecniche di correzione.
L’esempio seguente è la sintesi di come , da un punto di vista osteopatico, si inquadra il trattamento non solo con le tecniche osteopatiche a disposizione, ma anche in relazione al modus vivendi del paziente.
Si presenta in studio il signor Pietro ( il nome è di fantasia, ma il caso è vero). Riferisce di accusare da qualche mese dolore scapolare e toracico a dx, riferito anche al braccio dx, soprattutto di notte. Il pazieeente sostiene che il riposo notturno viene spesso interrotto verso le prime ore del mattino per l’accentuarsi della sintomatologia riferita. Durante l’attività giornaliera, pur essendo presente, il dolore diventa più sopportabile, ma il sopraggiungere dell’ora del riposo e il timore dell’acuirsi del sintomo durante la notte, lo rende ansioso. Ha 28 anni e gestisce un distributore di benzina, passandovi la maggior parte delle ore della giornata. Il lavoro non è particolarmente pesante, se non per il fatto che, quando occasionalmente si dedica al lavaggio delle autovetture, avverte un sensibile aumento della sintomatologia dolorosa. Il dolore al braccio non è territorialmente definito, e la rx cervicale risulta pressoche nella norma. Non ricorda traumi recenti o remoti alla colonna cervicale ed attualmente non svolge alcuna attività sportiva o ricreativa. Obbiettivamente presenta diminuzione di movimento a livello dell’articolazione costotrasversaria di T2, T3, T4 a dx. Il test di Adson rivela positività a dx. In conclusione una sindrome dello stretto toracico superiore, con lesioni osteopatiche secondarie a livello della colonna dorsale medio-alta.
Il trattamento risolve in poche sedute, e con grande soddisfazione del paziente, la sintomatologia dolorosa. Interessante è stata la ricerca del motivo per il quale il paziente potesse soffrire di questa sindrome; escluse problematiche ostruttive dei forami di coniugazione, ci si è indirizzati sulla gestualità che il paziente compiva nella sua vita lavorativa.
Ebbene, da questa ricerca risultò che il signor Pietro, nell’atto di servire benzina ai suoi clienti, molto spesso dava le spalle alla pompa di erogazione. Mentre con il braccio destro sosteneva la pistola di erogazione (mantenendo quindi in tensione il cingolo scapolare per stabilizzare il braccio dx), per controllare l’indicatore dell’importo volgeva la testa dietro e verso destra (azionando la muscolatura del capo ed anche lo scaleno anteriore di dx).
Questo semplice gesto, apparentemente innocuo, ripetuto innumerevoli volte al giorno, negli anni aveva instaurato una retrazione dello scaleno anteriore. Il consiglio è naturalmente stato quello di controllare questa abitudine, cercando di porsi in una posizione più favorevole.
Dal primo trattamento sono trascorsi circa sei mesi; il signor Pietro si è presentato per il controllo riferendo che la sintomatologia dolorosa è definitivamente scomparsa.
Dal punto di vista osteopatico, risulta di fondamentale importanza risalire con precisione alla causa che ha provocato l’insorgenza dello spasmo, e ciò lo si ottiene attraverso un’indagine anamnestica molto accurata ed a uno studio attento della vita di relazione del paziente.
Bibliografia:
1. Kahle – Leonhardt – Platzer (1987) Anatomia Umana – Apparato Locomotore – CASA EDITRICE AMBROSIANA – MILANO
2. R. Cailliet (1996) Il dolore scapolo omerale – EDI LOMBARDO 8:120,123
articolo a cura di:

Dott. IVANO COLOMBO
Osteopata | Fisioterapista

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